venerdì 13 giugno 2014

GIÒ PONTI E LA RICHARD GINORI - MUSEO MARINO MARINI, FIRENZE





GIÒ PONTI E LA RICHARD GINORI
Una corrispondenza inedita
a cura di Livia Frescobaldi Malenchini, Oliva Rucellai, Alberto Salvadori
Museo Marino Marini
piazza S. Pancrazio - Firenze
dal 13/6/2014 al 21/7/2014

"Le nostre industrie devono pareggiare le qualità delle straniere, e rappresentare con una decorazione di puri e accorti riferimenti stilistici, i motivi nostrani che possano renderla riconoscibile, desiderata e rappresentativa."
Gio Ponti, 1926

Il Museo Marino Marini ospita dal 13 giugno la mostra "Gio Ponti e la Richard Ginori: una corrispondenza inedita", con una scelta selezionata di circa cinquanta pezzi, tra i meno conosciuti, provenienti dalla ricca collezione di ceramiche di Gio Ponti del Museo di Doccia, e una selezione di una trentina di lettere dell’architetto/designer, per la maggior parte inedite, provenienti dall’archivio della Manifattura di Doccia, con schizzi, disegni e indicazioni di fabbricazione. Le lettere rappresentano un nuovo spunto per indagare sul metodo lavorativo di Gio Ponti e sul suo rapporto con la Richard Ginori, improntato ad una costante ricerca di innovazione delle idee e del prodotto, e offrono al contempo l’occasione per riflettere sulla creatività italiana, di cui è stato uno tra i maggiori rappresentanti a livello internazionale. Le opere presentate, invece, evidenziano il legame stretto tra l’idea e il prodotto stesso, affiancando il disegno o lo schizzo originale all’oggetto poi effettivamente realizzato a Doccia. Molte delle ceramiche esposte non sono entrate in produzione seriale, alcune sono pezzi unici della preziosa collezione del Museo Richard Ginori. Una mostra volutamente piccola, ma con sezioni specifiche ben definite: dall’idea al prodotto, le committenze speciali, la comunicazione, il ruolo delle mostre.

Dopo la prima guerra mondiale, la Richard Ginori, che con i suoi cinque stabilimenti era ormai una delle principali industrie ceramiche in Europa, visse una delle sue età più gloriose. Il merito principale fu del giovane architetto Gio Ponti (1891-1979), che iniziò a collaborare con la società nel 1922 e ne divenne il direttore artistico per un decennio, dal 1923 al 1933. Il suo talento immaginifico, la sua passione per l'industria e, altempo stesso, per l'artigianato più raffinato, la sua capacità di guidare il gusto dei suoi contemporanei interpretandone con ironia le aspettative, ne fecero l'ideale rinnovatore delle ceramiche d'arte Richard Ginori. Il pubblico e la critica lo acclamarono sia in Italia che all'estero e nel 1925, all'Esposizione internazionale di arti decorative di Parigi, ricevette il gran premio della giuria.
Il carteggio fra Gio Ponti, che lavorava a Milano, e la Manifattura di Doccia comprende 230 lettere, per un totale di 426 carte. Sebbene non sia completa, insieme ai disegni, ai cataloghi, alle foto d’epoca e ad altri documenti, conservati nell’archivio del Museo Richard Ginori, questa corrispondenza costituisce una testimonianza impareggiabile per lo studio della produzione pontiana di Doccia e più in generale per la conoscenza dell’artista. Oltre a fornire dati utili per stabilire la cronologia e in certi casi persino l’attribuzione delle ceramiche, le lettere autografe offrono un punto di vista ravvicinato sul lavoro dell’architetto milanese e sul suo modo di operare nel contesto industriale e manifatturiero della società Ceramica Richard Ginori.
Sfogliando queste lettere appassionate, emerge chiaramente il suo ruolo di vero e proprio industrial designer, paragonabile solo al lavoro svolto in Germania da Peter Behrens per AEG (Compagnia generale di elettricità di Berlino). Gio Ponti si occupa in prima persona di ogni aspetto della produzione, dal passaggio dalla prima idea, spesso presentata sotto forma di schizzo, al suo sviluppo, determinato di volta in volta dal concorrere di diversi fattori. Realizza nuovi colori come il blu Ponti, in due tonalità, crea confezioni ed etichette per i prezzi, inventa marchi e emblemi identificativi degli oggetti prodotti e dell’intera manifattura, progetta i padiglioni per le esposizioni, discute le cifre con cui gli oggetti devono essere messi in vendita, valutandone la commerciabilità.
Ponti è tra i primi a interessarsi anche dell’aspetto promozionale e di comunicazione, curando la presentazione grafica e fotografica del prodotto, le relazioni con la stampa, grazie anche alla rivista Domus da lui stesso fondata nel 1928, i rapporti con critici influenti – Margherita Sarfatti, Ugo Ojetti, Roberto Papini – e con i clienti più prestigiosi.
Molte di queste missive sono dirette a Luigi Tazzini, suo “braccio destro” a Doccia, direttore artistico della Manifattura toscana. Testimoniano il rapporto di estrema fiducia tra i due, un rapporto non solo professionale ma anche di amicizia e di rispetto. Tazzini dimostra di possedere doti di estrema pazienza, avendo a che fare con un carattere deciso e suscettibile come quello del collega milanese. Si legge anche di come siano coinvolti altri artisti in molti dei progetti di Ponti: gli scultori Libero Andreotti e Italo Griselli, l’architetto Giovanni Muzio, la decoratrice Elena Diana e Vittorio Faggi e altri ancora.
Nelle ceramiche disegnate da Gio Ponti per la Manifattura di Doccia sono sempre presenti due aspetti fondamentali, tradizione e innovazione, un connubio che nei dieci anni di lavoro continuo e instancabile, hanno fatto di questa collaborazione un’esperienza straordinaria e irripetibile, non solo per i meravigliosi oggetti realizzati ma anche e soprattutto perché rappresenta il primo caso italiano di produzione artistica industriale.
Tra gli oggetti esposti, testimonianza delle committenze speciali ricevute da Ponti, spiccano un grande vaso a potiche blu in maiolica con bronzo dorato, richiestogli dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, e parte di un importante trionfo da tavola commissionatogli dal Ministero degli Esteri per le Ambasciate d’Italia in giro per il mondo.
Nella bomboniera Omaggio agli snob, invece, ironico messaggio di Ponti per il mondo culturale elitario, due figure danzano in abiti della tradizione popolare, affiancando la fantasia creativa e innovativa dell’artista, alla classicità che pervade invece altre sue opere.